Ho comprato questo dominio tantissimo tempo fa ed ho mantenuto un sito personale per parecchi anni. Poi, circa 8 dieci anni fa, per qualche motivo, ho semplicemente smesso di farlo.
Ad un certo punto mi sono reso conto che non pubblicavo più nulla da tanto tempo, i miei visitatori erano diminuiti e non avevo più tempo di giocare a scacchi con il plugin multi player che, ai tempi, avevo trovato per Joomla.
Ad un certo punto, visto che ormai tutti erano andati su Facebook, ci sono andato anch’io e poi quando il sito abbandonato ha cominciato a darmi i primi problemi di sicurezza, l’ho semplicemente spento. Così, distrattamente.
Oggi, tuttavia, viviamo un momento molto particolare.
Da una parte la pandemia ha messo in crisi un sistema economico già duramente provato. Dall’altra siamo di fonte all’occasione epocale costituita dal Recovery Plan. Mai come oggi abbiamo bisogno di parlare di innovazione.
Quando si parla di meccanica l’Italia non a dubbi. Nonostante la concorrenza sempre più serrata dei competitor globali, il nostro paese mantiene ancora nicchie di eccellenza che hanno un peso fondamentale sul nostro export.
Mentre il peso dell’export aumenta progressivamente, attestandosi nel 2019 al 31,7% del PIL*, non a caso al primo posto delle tipologie merceologiche troviamo la voce “macchinari ed apparecchi” al 17.2%.
Quando parliamo di tecnologie digitali, l’Italia è semplicemente al palo. Tutti gli indicatori, a cominciare dall’indice DESI, dicono chiaramente che il nostro paese ha innanzi tutto un bisogno: quello di incrementare la diffusione delle competenze digitali.
Ma questo è solo l’aspetto più evidente. In realtà il nostro paese sta rimanendo indietro in tutto ciò che è ricerca e innovazione.
Pochi ricercatori pro capite ed una spesa pro capite in ricerca e sviluppo agli ultimissimi posti di quello che ci ostiniamo a chiamare “primo mondo”. Il paradosso di un tasso di disoccupazione estremamente elevato, mentre le imprese faticano a trovare tecnici adeguatamente formati.
Il digitale non è la quarta rivoluzione industriale, ma ne è l’anima. Se l’Italia vuole mantenere le proprie quote di mercato nell’export di macchine e apparecchiature, deve vincere la sfida della digitalizzazione facendo quello che ha sempre fatto, ovvero facendo tecnologia anche nel mondo “cyber fisico” delle macchine 4.0.
Macchine intelligenti, in grado di prevenire i problemi prima che si manifestino ed in grado di guidare le maestranze verso le soluzioni più rapide ed efficaci. Processi completamente digitalizzati e Supply Chain integrate. Il futuro è fatto di questo e chi non c’è non ci sarà.
Perdere la scommessa del digitale significa perdere la scommessa dell’innovazione. Perdere oggi la scommessa dell’innovazione significa condannare l’Italia all’irrilevanza ed i nostri figli ad un futuro tutt’altro che entusiasmante.
Un recente articolo de “il sole 24 Ore” titola: “Poco made in Italy nella filiera ICT: il piano farà impennare l’import”. Basta questo titolo per fotografare la triste realtà.
Adesso dobbiamo farci una domanda. Possiamo ancora fare qualcosa per uscire da questa situazione oppure i giochi sono fatti e dobbiamo rassegnarci?
Io voglio continuare a pensa che – si – ce la possiamo fare.
Basta aprire un qualunque libro di scienze per ricordarsi quanto del progresso di questo pianeta è nato nel nostro paese. Da Alessandro Volta, ad Enrico Fermi. Da Tommaso Edison a Guglielmo Marconi. Molto di quello che rende le vite di tutti degne di essere vissute è iniziato in Italia.
Tuttavia, cogliere il momento attuale ed il suo significato, mettendo insieme tutti i pezzi del puzzle, è fondamentale per molte generazioni a venire.
In un paese come il nostro, dove una percentuale di prodotto interno lordo largamente superiore al 50% è intermediata dallo stato, le scelte di mercato dello stato hanno un peso enorme.
Dobbiamo ricominciare a parlare di Open Source nella PA, perché il fenomeno Europeo che oggi è alla base dei modelli di business di Google e di tanti altri grandi del mondo rappresenta la vera unica speranza per far crescere la nostra filiera ICT.
Dobbiamo parlare seriamente di ricerca e innovazione, definendo in modo chiaro i confini delle attività di stato e di mercato. Oggi le nostre imprese innovative subiscono spesso la concorrenza sleale di enti pubblici ed associazioni e questo è profondamente sbagliato.
Dobbiamo parlare di queste e di molte altre cose e dobbiamo farlo adesso.
L’avvento del governo Draghi è stato un evento eccellente per il paese. Tuttavia, è chiaro che una tale personalità ha un impatto importante su uno scenario politico dove Azione si presenta come il “partito della competenza”.
I temi dell’innovazione, della digitalizzazione e della fabbrica 4.0 sono tutt’altro che esauriti e ben lontani dall’essere soddisfatti con il recovery plan, che si limita a rilanciare la versione annacquata della legge “Calenda” in salsa Cinque Stelle chiamata “Transizione 4.0”.
L’innovazione è da sempre la mia vita e il mio mestiere e penso che in questo momento chiunque sia in grado di farlo abbia il dovere di dare un contributo serio ad una discussione che spesso scade troppo nell’opportunismo manipolatorio della politica.
Quindi eccomi qua. Riapro il mio blog personale 🙂 …